Malattia di Alzheimer: prevenire è possibile?

 

 

 

 

Perdere la memoria, non avere più tracce della propria vita e non riuscire a mettere insieme i ricordi, le emozioni presenti e passate che hanno costruito il tuo “io”. È l’Alzheimer, quella malattia che spazza via memoria e funzioni cognitive a circa 50 milioni di persone in tutto il mondo. E i numeri sono destinati a crescere. Siamo tutti destinati a perdere la memoria? Cosa possiamo fare per contrastare lo sgretolarsi dei nostri ricordi?

 

 

 

Quale è la causa della malattia di Alzheimer?

 

La malattia di Alzheimer, causa più frequente di demenza nella popolazione anziana, è una patologia neurodegenerativa progressiva e irreversibile che altera la memoria e le funzioni cognitive. Quasi 50 milioni di persone al mondo e 700.000 in Italia soffrono di questa malattia. Questi numeri sono però destinati ad aumentare drammaticamente nei prossimi anni a causa del rapido invecchiamento della popolazione mondiale. Si stima infatti che nel 2050 i pazienti affetti da malattia di Alzheimer nel mondo diventeranno più di 100 milioni.

 

Fino a pochi anni fa non si conoscevano le cause che determinano la progressiva perdita dei neuroni e dei loro collegamenti strutturali nel cervello dei pazienti affetti da malattia di Alzheimer. Di conseguenza non erano disponibili terapie in grado di fermare il processo neurodegenerativo.

 

Più recentemente, grazie alle numerose scoperte derivanti da studi di genetica, biologia molecolare e neuroimmagini, è stato messo in evidenza come alla base di tale malattia vi sia l’accumulo di proteine “anomale” nel sistema nervoso centrale. Si tratta di particolari proteine presenti di norma nel cervello ma che per cause ancora da identificare (predisposizioni genetiche, fattori ambientali, infiammazione?) vengono prodotte in eccesso e/o non vengono adeguatamente rimosse, per cui tendono ad aggregarsi, ad accumularsi e a danneggiare il tessuto cerebrale, con la conseguente perdita delle funzioni di determinate aree cerebrali. Le due proteine ‘incriminate’ nella malattia di Alzheimer sono la β-amiloide che si accumula in placche e la proteina tau fosforilata che invece si accumula in fibrille.

 

Diagnosi precoce

 

Gli studi delle forme genetiche di malattia di Alzheimer hanno dimostrato che tali proteine iniziano a modificarsi anni o addirittura decenni prima della comparsa dei primi disturbi clinici. Per questo, bloccare il processo neurodegenerativo quando le alterazioni patologiche sono già avanzate e la malattia si è già manifestata clinicamente è verosimilmente troppo tardi.

 

Oggi è possibile stabilire il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer prima della comparsa dei deficit cognitivi conclamati rendendo quindi fattibile la messa in atto di strategie preventive. Una diagnosi precoce si ottiene grazie a specifiche valutazioni e esami diagnostici, tra i quali i più importanti sono:

 

  • un’accurata valutazione clinica e neuropsicologica,

  • l’analisi dei livelli delle proteine anomale nel liquido cerebrospinale,

  • la PET (positron emission tomography) cerebrale, che permette di identificare regioni di ipometabolismo e di verificare la presenza di accumuli di proteina amiloide nel cervello,

  • la RM (risonanza magnetica) cerebrale, che permette di identificare aree di atrofia cerebrale.

 

Tali trattamenti, ancora in via di sperimentazione, sono basati sull’utilizzo di molecole che determinano una riduzione della quantità di β-amiloide nel cervello, ad esempio con farmaci che bloccano gli enzimi che la producono o, in alternativa, anticorpi in grado di determinare la progressiva scomparsa degli accumuli di amiloide già presenti nel tessuto cerebrale. Intervenire con tali molecole nella fase di demenza conclamata si è dimostrato inefficace.

 

La diagnosi precoce è dunque cruciale.

 

La speranza è quella che tali farmaci siano in grado di modificare il decorso della malattia in pazienti nelle fasi iniziali di malattia o, addirittura, di prevenirne l’esordio in soggetti che non hanno ancora manifestato i primi sintomi cognitivi. Tale esigenza è stata ribadita chiaramente in occasione dell’ultimo congresso dell’American Academy of Neurology tenutosi a Boston lo scorso mese di aprile.

 

Prevenzione non farmacologica: uno stile di vita sano

 

Considerando la natura multifattoriale e complessa della malattia di Alzheimer e i pochi trattamenti attualmente disponibili, la prevenzione non farmacologica è un aspetto fondamentale. Anche se si riuscisse solo a rinviare l’insorgenza della malattia, ciò avrebbe un impatto enorme per la persona e per la salute pubblica.

 

Diversi studi, anche europei, dimostrano come lo stile di vita abbia un ruolo protettivo importante per la salute “mentale” degli individui.

 

Cosa fare contro l’Alzheimer

 

  • Mangia in modo sano

  • Fai esercizio fisico

  • Allena la tua mente

  • Mantieni rapporti sociali significativi e gratificanti

  • Non fumare

  • Evita tutti i fattori di rischio per le patologie vascolari, come ipertensione, elevato indice di massa corporea, diabete e ipercolesterolemia

 

Oggi c’è una necessità urgente di tradurre queste osservazioni in azioni atte a prevenire l’insorgenza della malattia.

 

 http://magazine.familyhealth.it/2017/05/24/malattia-di-alzheimer-prevenire-e-possibile/

 

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